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EVENTI | 25 giugno 2024, 11:53

“Giacomo Matteotti. L’Italia migliore”: presenta la biografia a Borgosesia

Il testo di Federico Fornaro.

“Giacomo Matteotti. L’Italia migliore”: presenta la biografia a Borgosesia.

“Giacomo Matteotti. L’Italia migliore”: presenta la biografia a Borgosesia.

ANPI Borgosesia, IstorBiVe e Centro Studi Turcotti, sabato 22 giugno hanno organizzato la presentazione del libro: “Giacomo Matteotti. L’Italia migliore”. L’autore, Federico Fornaro, saggista e politico, già Presidente dell’Istituto Storico di Alessandria e attualmente rappresentante dei collegi elettorali che compongono la II Circoscrizione "Piemonte 2", alla Camera dei Deputati, come ha ricordato il Direttore dell’IstorBive Enrico Pagano: “Con questo libro esprime la maturazione della ricerca, l’ampliamento delle interpretazioni e apre nuove prospettive di lettura della complessa figura di Giacomo Matteotti, finora appiattito sulla dimensione di martire, diventato icona dell’antifascismo”. Fornaro ha scritto una biografia completa ed aggiornata dell’uomo politico rapito ed assassinato cento anni fa da sicari fascisti, facendo conoscere in modo dettagliato e documentato la formazione e la vita dell’Onorevole Matteotti, ricostruendo le molteplici motivazioni per le quali mandanti e sicari lo colpirono.

Matteotti è il personaggio del Novecento che può vantare il maggior numero di riferimenti toponomastici: ben tremilanovecento. Il suo assassinio, che cambiò la storia d’Italia, segnando il discrimine oltre il quale fu costruita una storia totalitaria, non maturò a Roma, ma in Polesine, la sua terra d’origine”: Fornaro ha letto alcuni pezzi della relazione di un medico che descriveva le miserevoli condizioni in cui vivevano i polesani tra fine Ottocento e inizio Novecento. Matteotti invece nacque nel 1885 da una famiglia benestante, ma scelse di stare dalla parte degli ultimi, dei diseredati, “tradendo” la sua classe d’origine. Le sue origini borghesi non gli furono perdonate né dal suo partito, né dai polesani, la sua famiglia fu accusata di prestare soldi, ma è stato accertato che non praticò mai l’usura: “Fino ai primi del Novecento in provincia di Rovigo non esistevano sportelli bancari”. I terreni posseduti dalla famiglia furono acquistati a seguito delle vendite fatte dalla chiesa a fine Ottocento e comprando quelli di coloro che dopo il 1882 furono costretti ad emigrare. Matteotti si occupò sempre degli ultimi, volle portare avanti chi era indietro, non sbandierò uno sterile egualitarismo, ma si attivò perché si realizzasse un’uguaglianza di fatto. Nell’Italia liberale subì violenze già prima del rapimento e dell’uccisione: il 12 marzo 1921 fu pestato e buttato sul selciato a pochi chilometri da Rovigo, come monito a non mettere più piede nella sua terra. Nella Ceka fascista che lo aggredì e uccise c’erano due polesani: Marinelli e Finzi, che per tragico contrappasso, essendo ebreo, morì alle Fosse Ardeatine. Matteotti giovanissimo cominciò ad occuparsi di politica e fece scelte di campo ben precise, cui si mantenne fedele per tutta la vita: aderì alla corrente riformista di Turati, Treves, Modigliani del partito socialista, lavorò per migliorare le condizioni di vita delle persone, fu amministratore: Sindaco, Vice Sindaco, Consigliere Provinciale: per garantire a tutti livelli standard di servizio, cercò di formare i nuovi amministratori, istruendoli affinché potessero avere i bilanci a posto: “”Il bilancio è uno degli elementi importanti per valutare la gestione di un paese”. Matteotti alle elezioni del 1920, in cui i socialisti in Polesine conquistarono sessantatré comuni su sessantatré e trentotto consiglieri provinciali su quaranta, ebbe il settantotto per cento dei voti nel Collegio di Ferrara e Rovigo: “Il più rosso d’Italia”. Tutto fu distrutto in soli sei mesi con le violenze fasciste del 1921 e Matteotti nei suoi discorsi lo denunciò apertamente. L’Autore ha sottolineato che non ci fu mai un “fascismo buono” poi trasformato in “cattivo” nel 1938, dopo l’alleanza con la Germania hitleriana: “In realtà il fascismo utilizzò sistematicamente le violenza per conquistare e mantenere il potere, manifestando fin dagli esordi il suo carattere antidemocratico. Matteotti, ucciso a trentanove anni, fu un eroe della storia d’Italia, sostenitore di un riformismo intransigente che voleva migliorare le condizioni materiali di vita delle persone, sosteneva che i politici servivano per l’emancipazione delle masse”. Matteotti manifestò sempre il suo pacifismo assoluto, e lo pagò durante la Prima guerra mondiale con l’invio nell’esercito in Sicilia, benché come figlio unico di madre vedova potesse essere esentato, lontano comunque da luoghi dove la sua propaganda potesse avere proseliti. Nel libro viene delineata anche la figura della moglie Velia Titta, sposata nel 1916, morta prematuramente nel 1938, una donna di forti sentimenti religiosi, che scriveva poesie, apparentemente agli antipodi di Giacomo, con il quale invece costruì un rapporto saldo e duraturo come testimonia la lettura dell’epistolario.

La madre di Giacomo Matteotti ebbe una sorte terribile, portò al cimitero tutti i suoi sette figli, quattro morti prima di compiere un anno, due minati dalla tubercolosi, Giacomo assassinato.  Fornaro nel libro cerca di ricostruire il movente e i mandanti dell’omicidio: “Nel 1921 un altro parlamentare era già stato ucciso dai fascisti: Giuseppe di Vagno. Tra i moventi dell’assassino Matteotti è comparsa anche la pista affaristica: Matteotti era il più pericoloso, il più documentato degli oppositori, aveva un’idea moderna dello Stato”. Il mito celò una scarsa conoscenza del politico: “Bisognerà aspettare il 1974, cinquantesimo del delitto, per avere a prima biografia di Matteotti. I suoi scritti, oggi raccolti in tredici volumi pubblicati da Nistri Lischi, furono rifiutati da Einaudi e Laterza. I discorsi furono pubblicati su impulso di Sandro Pertini, allora Presidente della Camera. Il primo convegno storico su Matteotti è del 1978. In questo centenario sono usciti molti libri su Matteotti, ma pochi vanno oltre il sacrificio, per analizzare la sua intransigenza nella lotta al fascismo, il senso dello Stato, il suo mettersi al servizio delle persone, non solo enunciando dei principi, ma cercando di dare risposte concrete ai bisogni, la sua scelta legalitaria, tutto questo è stato sintetizzato nel sottotitolo: L’Italia migliore”. Alla presentazione hanno fatto seguito molte domande alle quali Fornaro ha risposto con ampiezza e precisione, ma, pur a malincuore, ha dovuto andarsene perché alle 18 lo aspettavano a Novi Ligure. La discussione è continuata, ascoltando le tesi portate da Leonardo Croso, che ha ribadito la modernità e l’attualità del pensiero di Giacomo Matteotti, richiamando l’importanza dell’aspetto affaristico, studiato in maniera approfondita da Mauro Canali: “Per smitizzare la vulgata di un fascismo onesto”. Luciano Gualdi ha sottolineato come anche la divisione della sinistra abbiano favorito l’ascesa del fascismo.

C.S. Piera Mazzone, G. Ch.

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