EVENTI - 29 ottobre 2024, 12:48

Rotary Club Gattinara, presentato il romanzo "Medicina e Arte" FOTO

L'autore, Romano Ravazzani, ospite della serata.

Rotary Club Gattinara, presentato il romanzo "Medicina e Arte".

La Giornata Mondiale della Polio, che si celebra il 24 ottobre, è il momento in cui i Rotariani, i sostenitori della salute pubblica e tutti coloro che vogliono un mondo libero dalla polio si radunano, riconoscono i progressi compiuti nella lotta per eradicarla, e agiscono per contribuire ad eliminarla per sempre. Dei 541 bambini colpiti dalla polio a livello globale nel 2023, l’85% vive in trentuno paesi fragili, colpiti da conflitto e vulnerabili. I casi di bambini colpiti da polio in questi contesti sono più che raddoppiati negli ultimi cinque anni, mentre le vaccinazioni di routine nell’infanzia sono calate dal 75% al 70% - ben al di sotto del 95% necessario per l’immunità comunitaria. I dati lanciano un forte avvertimento sul fatto che la malattia, potenzialmente letale, continua a prosperare nelle aree in cui la vita è più precaria e dove conflitti, disastri naturali, crisi umanitarie e altri fattori destabilizzanti rendono difficile la fornitura di assistenza sanitaria cruciale. In occasione dell’incontro promosso il 24 ottobre dal Rotary Club di Gattinara, è stato proiettato un breve filmato ad inizio serata: “End polio now” che mostrava le azioni intraprese dal Rotary International per debellare questa malattia.

Ospite della serata è stato il Dottor Romano Ravazzani, medico di famiglia, specialista di neuropsichiatria infantile, psicoterapeuta, che dagli anni Novanta si occupa di arte e salute.

Nel quartiere del Cit Turin, in Via Vassalli Eandi, Ravazzani ha fondato l’Ambulatorio dell’Arte: i pazienti, durante l’attesa, possono perdersi tra quadri, sculture, fotografie, giocattoli e oggetti d’epoca, ma anche marionette e antichi orologi. Questo spazio “un po’ matto”, stracolmo di oggetti, spiazza i nuovi pazienti, ma in realtà predispone la relazione con il medico.

Il dottor Ravazzani è un medico classico, camice bianco, occhiali, atteggiamento solare ma molto tradizionale, però entrare nel suo ambulatorio è come entrare nel paese dei balocchi. Lo sguardo si perde e si sofferma sulle centinaia di oggetti presenti a partire dalla sala d’attesa per finire al corridoio e al suo studio: “Non mi sono mai piaciuti gli studi medici lineari, asettici di colori, neutri, dove tutto incute soggezione. Non mi mettevano a mio agio. Per cui ho cercato di creare un ambiente che donasse conforto”.

Il medico torinese ha improntato il suo intervento ad un’ironia tipicamente sabauda, parlando di “denominatori comuni in medicina”: “Fin dal Seicento purghe, clisteri e salassi erano i rimedi per tutto, oggi il colpo d’aria è colpevole di ogni male, ma non esiste nei testi di medicina, negli anni Settanta la Carrà ballando con il pancino nudo sfatò uno dei pregiudizi più diffusi che voleva che il ventre fosse rigorosamente coperto, oggi siamo invasi dalla fobia del cibo killer e tutti vorremmo che il medico ci prescrivesse una pozione magica, come quella di Asterix, o come le noccioline di Super Pippo, o gli spinaci per Braccio di Ferro, ma gli integratori non sono la panacea universale. Se, come scriveva Giovenale nel primo secolo dopo Cristo: Mens sana in corpore sano, allora una mente che continua ad avere interessi e curiosità avrà un effetto positivo sul corpo. Circa tremilasettecento studi confermano che l’arte può incrementare salute e benessere”.

E’ stato poi citato il premio Nobel Eric R. Kandel che nel suo recente libro: Arte e neuroscienze. Le due culture a confronto ricerca un ponte tra scienza e arte, si concentra sullo studio della visione, della percezione e della memoria da parte delle neuroscienze, seguendo in parallelo l’opera di alcuni artisti astratti della scuola di New York degli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento come Jackson Pollock, Willem de Kooning e Mark Rothko. Per Kandel le neuroscienze non fanno altro che rispondere alle grandi domande sull’esistenza umana, che già i più grandi filosofi del pensiero occidentale avevano posto secoli fa: come funziona la memoria, come impariamo, come percepiamo il mondo esterno, qual è la natura della coscienza. Mescolando discipline diverse, Kandel arriva alla conclusione che la percezione visiva è un processo mentale elaborato e che artisti come Mondrian, Rothko e Louis lo hanno compreso e realizzato nelle loro opere in maniera intuitiva.

Ravazzani è un appassionato d’arte e attraverso l’arte instaura un rapporto diverso con i suoi pazienti: “I punti di forza dell’Ambulatorio dell’Arte sono stimolare e mantenere vive le passioni, rallentare il decadimento cognitivo, favorire la socializzazione, migliorare l’umore, ridurre l’ansia relativa alla malattia, migliorare la compliance, cioè l'aderenza di un paziente alle prescrizioni mediche, farmacologiche o non farmacologiche (dietetiche, di regime di vita, di esami periodici di monitoraggio), migliorare la qualità della vita”.

Attraverso un sondaggio condotto con una collega che ha un ambulatorio tradizionale accanto al suo, con un numero di pazienti pressoché uguale, di estrazione sociale simile in entrambi i casi, Ravazzani ha avuto il 41% di risposte contro il 15%, con un numero molto maggiore di parole nella risposta, e i suoi pazienti utilizzavano molto più tempo per rispondere alle domande, perché si trattava di pazienti avvezzi a entrare in contatto con l’arte, che ne avevano un concetto meno astratto, legato al quotidiano: “Tutte le arti contribuiscono all’arte più grande: quella di vivere e il sorriso è un superpotere”. Tra le numerose domande Ravazzani, rispondendo a quella volta a sapere se avesse subito furti, ha detto: “Chi entra in un ambiente curato è più portato a rispettarlo”. Le persone sono attratte dalle più diverse forme di arte: “Sono così tanti e diversi gli oggetti messi a disposizione, che ciascuno trova il suo”. All’estero i medici possono prescrivere di andare in uno specifico museo e le persone con questa ricetta entrano gratuitamente: “Creare è arte, esorcizzare le paure è in fondo la più grande forma d’arte. Ne abbiamo bisogno tutti. Non serve essere profondi conoscitori d’arte.  L’arte non fa distinzioni. L’arte deve far evadere, sognare, suscitare emozioni, sentimenti. Qui all’ambulatorio questo succede. Tutti i giorni”.

Piera Mazzone