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EVENTI | 21 novembre 2024, 09:00

“Streghe nella notte. Roghi, torture, sterminio e un urlo di libertà” FOTO

Mostra aperta all'Istorbive di Varallo fino al 20 dicembre

“Streghe nella notte. Roghi, torture, sterminio e un urlo di libertà”

“Streghe nella notte. Roghi, torture, sterminio e un urlo di libertà”

Corrado Mornese, storico e studioso dell’altra storia, quella dei poveri e degli umili, assai più difficile da ricostruire per la penuria delle fonti disponibili, nel 2004 pubblicò il volume: “Strega. Ombra di libertà” e l’anno successivo l’Amministrazione Comunale di Varallo fece posizionare davanti a Palazzo D’Adda, sulle sponde del Mastallone, una lapide scolpita per ricordare Margherita Degaudenzi, “Custode dell’antica sapienza montanara”, ultima strega massacrata in Italia. La “stria Gatina” fu infatti uccisa brutalmente a bastonate a Cervarolo addirittura nel 1828. Perché oggi ospitare una mostra sulle streghe in un Istituto della Resistenza il cui ambito specifico di studi è la storia contemporanea? Il Direttore dell’Istorbive, Enrico Pagano, dopo aver ringraziato il curatore della mostra, Corrado Mornese, e Piera Mazzone per la collaborazione della Biblioteca, ha spiegato come questa iniziativa rientri invece a pieno titolo tra le finalità dell’Istituto: “La storia non può essere studiata a compartimenti stagni, in partizioni rigide. La storia, attraverso gli esempi del passato, aiuta a riconoscere le situazioni dell’oggi, mostrando come alcuni fenomeni contemporanei siano legati a quelle negazioni di diritti e di cultura delle quali furono vittime le classi più umili. La cultura montanara è sempre stata considerata marginale rispetto a quella elaborata nei grandi centri. Inoltre dalla mostra emerge il valore e l’importanza di alcune parole chiave come umiltà ed eresia”. Da pochi giorni è mancato lo studioso Franco Ferrarotti, nativo di Palazzolo Vercellese, considerato il padre della sociologia italiana, che identificava la storia proprio come un flusso. Mornese ha sottolineato come lo stesso concetto di resistenza sia eterno e riguardi tutte le epoche, non legato soltanto ad un determinato periodo storico. E come sia fondamentale il punto di vista femminile: vedere la storia attraverso quegli sguardi, imparando a riconoscere la categoria del dolore, l’umiltà di quelle povere donne rurali che nella soro sapienza conoscevano ed adoperavano poche parole, il cui silenzio nella tortura aveva anche il significato di un’estrema resistenza. La “caccia alle streghe” vede il suo acme nei sec. XVI e XVII, ma inizia ben prima e si conclude ben dopo. La mostra “Streghe nella notte. Roghi, torture, sterminio e un urlo di libertà”, presentata sabato 16 novembre in un dialogo tra il curatore Corrado Mornese, il Direttore della Biblioteca Piera Mazzone e il Direttore dell’Istorbive Enrico Pagano, è composta di cinquantadue pannelli con testi esplicativi e 175 illustrazioni, e può essere divisa in tre grandi sezioni. La prima è dedicata al tema dell’eresia, ricondotta al significato etimologico di “scelta”. Mornese ha spiegato come all’inizio ci fosse l’eresia, poi prevalse l’ortodossia e quindi le guerre di religione: “Gesù per la religione del suo tempo era eretico”. Nel Malleus Maleficarum, il più importante trattato antistreghesco della storia, scritto intorno al 1484 da due frati domenicani Jacob Sprenger e Institor (Heinrich Kramer), che ebbe un’enorme diffusione, si afferma che “non credere alla stregoneria è la più pericolosa delle eresie”. Il sabba, il convegno con il demonio, era quello che il Malleus identificava con l’unione depravata delle streghe col demonio, perché rappresentava il sovvertimento di ogni ordine e di ogni regola, ma se pensiamo alla storia ponendoci dall’altra parte, non era altro che la festa del villaggio in cui per un giorno ci si dimenticava della fame e della dura vita quotidiana nella campagna profonda e nella montagna, e si dava libero sfogo alla gioia di un momento.Nei pannelli viene tra l’altro ricordata la prima eresia “femminista” di Guglielma da Milano (detta Guglielma Boema), dell’abbazia di Chiaravalle, e si sottolinea il valore di Margherita Porete, la beghina autrice de “Lo specchio delle anime semplici”, forse il più importante trattato della spiritualità medievale, che fu arsa sul rogo nel 1310, tre anni dopo il rogo di Dolcino.L’impianto teorico del Malleus comincia ad essere confutato nel tardo Seicento, allorché si leva la voce di un confessore delle streghe, Friedrich Von Spee, che nel suo “Cautio criminalis” confuta proprio i capisaldi teorici della persecuzione inquisitoriale. Poi questo impianto verrà frantumato con l’Illuminismo durante il quale Voltaire scrive che “Le streghe hanno cessato di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle”, pertanto Mornese ha evidenziato che il rogo significava “Finirle per de-finirle, è la tortura a produrre la strega”. Il momento della confessione estorta sotto tortura può essere considerato anche come un atto di estrema, finale resistenza: “Sotto i vincitori tutto si trasforma in pietra”, scrive Maria Zambrano, ma con la confessione estorta, urlata dalla presunta strega di fronte al carnefice, il pietrificatore verrà a sua volta pietrificato perdendo il suo scopo. Lei morirà, lui diventerà inutile. Che sia proprio questo il maleficio della strega?  Mornese ha inoltre sottolineato come la fame fosse il fenomeno più caratterizzante di quei secoli, una fame divorante: per farla cessare non si esitava di fronte a nulla. “La fame è la più terribile delle droghe”, scrive Piero Camporesi, autore de “Il pane selvaggio”. In special modo, la segale cornuta, Claviceps purpurea, un fungo parassita delle graminacee, che contiene LSD, nota come ergot, avvelenava la farina e di conseguenza il pane: a quote più basse di assunzione erano gli arti ad ammalarsi di forme cancrenose, a quote più alte sortiva effetti di tipo convulsivo, oppure ebetudine stuporosa e stadi di alienazione e scissione dell’io. Ma i poveri e poverissimi erano comunque obbligati a nutrirsi di quei pani avvelenati che provocavano anche episodi di deliri di massa.Nella mostra una sezione è dedicata a quella che l’autore chiama “la strega esogena”, cioè il modello di strega elaborato da coloro che si dichiaravano nemici delle streghe, contrapposto alla “strega endogena”, riferendosi ai valori arcaici che la strega reca in sé. Un modello teorico cristallizzato, adatto a colpire, non a capire, tutto incentrato sul preteso patto strega-demonio per portare il male nel mondo e colpire con i più terribili sortilegi il sesso maschile.Mornese da sempre studia la storia dal basso, dando voce a coloro che non l’ebbero mai, le cui esistenze si consumarono silenziose senza lasciare tracce, facendo emergere la forte contrapposizione tra città e campagna, con protagoniste silenziose proprio le donne della campagna profonda e della montagna, portatrici di una sapienza antica, molto legata alla natura: “La cornice è il conflitto tra la polis in espansione e la rus, che comprendeva la parte più decentrata della società. La comunità della montagna si muove come un branco di lupi - scriveva Tavo Burat con cui Mornese ha lavorato diversi anni su questi temi – e senza una struttura comunitaria in montagna non si sarebbe sopravvissuti”. Colpire la donna per colpire la resistenza della comunità rurale arcaica è l’obiettivo “politico” dei trattati antistregheschi e demonologici come il Malleus. Singolare è il fatto, chiarisce Mornese, che tutte le grandi chiese cristiane in Europa, nemiche tra loro, fossero unite in un solo aspetto: la lotta mortale alle streghe, individuando in esse il nemico comune da perseguire. E costruendo un modello metafisico che sovverte la realtà fisica: “La strega è l’ombra del santo perché fa tutto come il santo, ma al negativo: vola, compie prodigi che sono malefici, tramite il preteso patto col demonio”. La stessa parola strega compare quando si inizia a perseguitarle: Dante chiamava le donnicciuole di campagna “le triste”, Boccaccio dice “fantasima, fantasima che di notte vai…”, e la parola strega non compare nei Cantari Novellistici dal Tre al Cinquecento, dunque è parola “moderna”.  Le vittime dei roghi di streghe in Europa furono 51.328 secondo la stima più limitativa, ma se questa cifra venisse rapportata alla popolazione di oggi, sette volte superiore a quella del Cinque-Seicento, oggi sarebbe da rimodulare in trecentocinquantamila, e ciò dà a sufficienza l’idea della portata della caccia alle streghe nel vecchio continente. Il Vaticano nel 1998 organizzò un convegno sull’Inquisizione e gli atti furono pubblicati nel 2003, cinque anni dopo e nel 2004 Papa Giovanni Paolo II compì un atto pubblico di pentimento per i misfatti e i crimini commessi dalla Chiesa al tempo dell’Inquisizione. Nel gennaio 2022 il Parlamento della Catalogna ha riabilitato ufficialmente tutte le donne condannate per stregheria in quella terra. Essendo la Catalogna una nazione dentro uno stato, quella deliberazione è un messaggio all'intera Europa.Infine, nella mostra si illustra la “Strega endogena”, quelle “donne sapienti”, il cui archetipo era Sibilla, ed ecco che vengono presentate le varie figure e i poteri di queste donne legati alla natura della quale erano profonde conoscitrici. La sequenza dei pannelli si chiude con un poetico invito alla riflessione: “Se chiudi gli occhi forse le vedrai passare… ad una ad una, volti vuoti, sguardo della Medusa. Di molte non sapremo mai neppure il nome”.La mostra sarà visitabile negli orari di apertura dell’Istorbive (da lunedì a giovedì dalle 8.30 alle 16, venerdì dalle 9 alle 13) fino al 20 dicembre 2024. Sono previste aperture straordinarie nei giorni di sabato 16, domenica 17, sabato 23, domenica 24 novembre, dalle 15 alle 18.Piera Mazzone

Piera Mazzone - Redazione

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