EVENTI - 22 novembre 2024, 07:00

Rotary Club Gattinara ospita l'architetto Franco Bordino

Parlerà della cupola di San Gaudenzio

Rotary Club Gattinara ospita l'architetto Franco Bordino

Sabato 16 dicembre presso la storica sede dell’Associazione Culturale di Gattinara, il Presidente, Arch. Fulvio Caligaris, ha accolto il collega ed amico Arch. Franco Bordino, diplomato in chitarra classica, laureato in architettura con una tesi sull’antonelliana Casa Bossi di Novara, che ha presentato: “La cupola di Novara tra avventure e sperimentazioni”, un tema molto interessante perché, come ha sottolineato il Presidente: “L’Associazione è del territorio e non si chiude in uno sterile localismo”. Bordino ha articolato il suo intervento in tre momenti: la collocazione originaria della basilica di San Gaudenzio, l’evoluzione dell’intervento antonelliano ed un itinerario fotografico che conduceva nelle “viscere” della cupola, concludendo con l’autorevole commento dell’archistar di origine novarese Vittorio Gregotti, ed il ringraziamento all’Ingegner Arialdo Daverio, che ha salvato la cupola. L’antica basilica, distrutta nel 1553 da Carlo V, come ricorda la lapide posta a memoria del luogo in cui sorgeva, fu ricostruita nel punto più alto della città ad opera di Pellegrino Pellegrini, il Tibaldi, mentre il campanile fu progettato da Benedetto Alfieri. E’ datata 31 maggio 1840 la lettera diretta ad Alessandro Antonelli per incaricarlo della realizzazione della cupola. Il 6 giugno 1840, con l’accettazione da parte dell’Architetto, comincia la genesi del monumento simbolo di Novara. Il primo progetto è del 29 aprile 1841, ma i lavori iniziarono solo tre anni più tardi e terminarono il 16 maggio del 1878. Antonelli dovette costruire la sua cupola su un edificio del quale non conosceva l’aspetto statico: creò un gigantesco compasso, un’asta di legno incernierata sullo spigolo con dei tiranti, per disegnare le dime in scala 1:1. I suoi archi a coppie, curvi anche in pianta per contrastare le forze, e parabolici, assottigliandosi verso la volta, sono una prodezza tecnologica: quando Antonelli li realizzò non esistevano strumenti di calcolo che gli permettessero di stabilire quale sarebbe stato il risultato dal punto di vista statico. Il grande merito dell’Antonelli oltre alla capacità di scegliere maestranze eccezionali, è stato quello di aver portato la tecnica del mattone agli estremi, selezionavano materiali di assoluta qualità. Si diceva che Antonelli saggiasse personalmente i mattoni per verificarne l’assenza di difetti, fidando anche nella sapienza, nell’esperienza e nella genialità del Magistrini, che aveva inventato tante macchine per realizzare il progetto, come la posa delle ventiquattro altissime colonne in granito. Finirono i fondi, ma Antonelli proseguì nella sua costruzione, elaborando nuovi progetti che evidenziavano come la cupola via via si protendesse sempre di più verso l’alto. Dopo dieci anni i lavori ripresero. I successivi progetti segnano il graduale realizzarsi del sogno dell’architetto. Incurante del fatto che il consiglio comunale gli avesse bloccato il progetto, imponendogli di attenersi a quanto concordato, studiò la possibilità di economizzare, ma non recedette, il suo ardire poggiava su calcoli e scelte ben precisi. Il IX progetto, definito da Bordino: “Uno schizzo a matita intimo e brillante, con risoluzioni che fanno accapponare la pelle per la bravura e l’abilità”, è un disegno che Antonelli aveva realizzato per sé, non da rendere pubblico, in cui risolvette l’ultimo inghippo statico rispetto alla chiusura finale della grande volta: inventò una lanterna a due ordini con sopra una cuspide a due livelli: questa struttura avrebbe retto, perché l’architetto sapeva cosa aveva costruito sotto e sulla guglia collocò la statua del Salvatore, in bronzo ricoperta in lamine d'oro, alta cinque metri e sessanta centimetri, realizzata dallo scultore milanese Piero Zucchi, che portò la cupola a oltre centoventuno metri di altezza. Di fronte alle crepe e fessurazioni dei piloni della basilica che presentavano dissesti da assestamento, non si scoraggiò e intervenne sulle fondazioni, migliorandole con archi rovesci per scaricare i pesi, realizzando opere di sottomurazione a otto metri sotto il piano di calpestio. Conducendo in una straordinaria visita per immagini all’interno della struttura della cupola, nelle “viscere” del monumento, dove non c’è più l’intonaco, la “pelle”, ma “muscoli, tendini, sangue” che mostravano come fosse costruita: “Si prova una forte emozione, coinvolti da particolari raffinati, come le scalette lapidee a sbalzo, le colonne, la decorazione floreale a stucco della cupola interna, i mattoni rossi, le travi di legno a vista e i grandi archi in pietra, è un'opera di straordinaria bellezza: tutto realizzato esclusivamente in mattoni”. Bordino ha spiegato come i restauri degli anni Trenta del Novecento, gestiti dal Politecnico di Milano utilizzando il cemento armato, avessero solo creato dei danni. Per fortuna l’ingegner Arialdo Daverio, che pubblicò a sue spese il volume: La cupola di San Gaudenzio, ne dimostrò l’assoluta inutilità. Vittorio Gregotti, ricordando la visita alla cupola compiuta con Daverio alla fine degli anni Quaranta, manifestò tutta l’emozione dovuta a quella che definì: “salita al Paradiso” attraverso l’ardimento delle tecnologie tradizionali portate al loro estremo. Bordino ha riservato un gran finale, riproponendo attraverso un filmato del settembre 2019, una particolare magia che si era verificata spontaneamente nel tempo attraverso una piccola sbeccatura dell’intonaco di una finestra chiusa da persiane in un vano del secondo piano di Casa Bossi. Da lì il raggio di luce che penetrava nella stanza produceva il fenomeno fisico della “camera oscura”, ovvero trasformava quello spazio in una cosiddetta “camera stenopeica”: “Il fenomeno in sé è un fatto naturale riproducibile in qualsiasi analoga situazione. Il fatto particolare è che a Casa Bossi questo fenomeno produce la riflessione della cupola, il campanile e la facciata del complesso di San Gaudenzio, esaltando il legame e la vicinanza tra i due monumenti in una simbiosi visiva di altissimo valore simbolico ed emotivo”. Tale esperienza era stata riprodotta in forma più modulabile e controllabile dal fotografo grignaschese Raffaele Salvoldi in una stanza adiacente, più grande, che permetteva una visione più potente e immersiva, e dove più fattori, quali il coinvolgimento del fabbro gattinarese Ruben Bertoldo nella forgiatura di una foglia che venne fatta volteggiare sulla spalla di una modella, concorrevano a rendere speciale l’attesa delle condizioni di luce e l’immagine riflessa che si veniva a formare, anche attraverso alcune variazioni prospettiche. Gianni Brugo, ingegnere romagnanese, membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Culturale, che nel gennaio 2013 in Biblioteca a Ghemme aveva condiviso immagini e riflessioni all’interno della cupola di San Gaudenzio, ha chiesto a Bordino spiegazioni riguardo alle ventiquattro colonne del peristilio, un numero uguale al numero dei denti della ruota del Rotary, ma Bordino ha replicato dicendo che: “La relazione di Antonelli con la massoneria è stata più volte ipotizzata, ma non esistono documenti che testimonino un legame di questo tipo”. Al termine dell’intervento l’oratore, che ha suscitato il desiderio di andare a visitare quella straordinaria cupola, profittando delle visite guidate organizzate, è stato lungamente applaudito. Sabato 14 dicembre, presso la -sede dell’Associazione Culturale di Gattinara, verrà presentato il nuovo Bollettino di Studi e sarà l’occasione per scambiarsi gli auguri natalizi.

Piera Mazzone

Redazione - Piera Mazzone