Silvio Brentazzoli, responsabile III Ripartizione “Interventi sociali e culturali”, ha introdotto la serata che è stata organizzata come primo evento pubblico di presentazione alla Città del Millennio: l’ampia sala del Centro Congressi era gremita di pubblico, autorità, rappresentanti delle scuole del territorio, di tutte le Associazioni, amministratori, uniti da un progetto comune, legato ad una pergamena scritta mille anni fa, in Germania, firmata dal re Corrado II ed inviata al vescovo di Novara Pietro III.
Roberta Bonazzi, Assessore alle manifestazioni, ha portato il saluto dell’Amministrazione Comunale, ricordando che nel 2025 Varallo sarà anche Città europea dello sport e dell’inclusione.
La parola è passata a Massimo Bonola, storico e filosofo, che nel 2022 con il compianto Enzo Barbano, si chiese dove fosse conservata quella pergamena tanto importante per la storia di Varallo, con l’intento di farne un uso pubblico, condividendone l’importanza ed i contenuti con la cittadinanza, le scuole, le associazioni, rendendola comprensibile e divulgabile. Il diploma pergamenaceo, scritto in latino medievale - trascritto e regestato nella prima metà dell’Ottocento nella raccolta voluta da Carlo Alberto, gli Historiae patriae monumenta, poi inserita nei Monumenta Germaniae Historica edito sul finire dell’Ottocento e infine pubblicata da Carlo Guido Mor nel 1933, nel volume: Carte Valsesiane fino al secolo XV conservate negli archivi pubblici - per secoli conservato nell’Archivio dei Canonici di San Giulio d’Orta, oggi si trova all’Archivio di Stato di Novara. “La cosa curiosa è che questo documento dice alcune cose non esplicitandone altre, non spiega ad esempio perché viene fatta questa donazione”: Bonola l’ha paragonato al frammento di un mosaico, o di un puzzle del quale è sconosciuto il quadro d’insieme. Oggi, dopo alcuni studi e confronti con medievisti, è tutto più chiaro, ma, aggiunge Bonola: “Per capire il messaggio del documento bisogna provare a dimenticare quello che pensiamo oggi di Varallo e Roccapietra, perché si parla di un mondo antecedente. Nel caso di Otro si ha la conferma che gli alpeggi precedettero di almeno due secoli la vita dei villaggi e l’arrivo dei coloni Walser”. Il terzo fattore da tener presente nella lettura è che si parla di “luoghi” e non di “persone”: “Sono citati una ventina di luoghi, con l’indicazione di toponimi ancora oggi riconoscibili e tutti identificabili, collocati su un asse di centoquaranta chilometri tra Otro e la Lomellina, tra il Sesia e il Ticino, i laghi, le due valli: Valsesia e Val d’Ossola. Quel territorio corrispondeva al Comitato di Pombia, allora centro di una contea importantissima”.
Nel documento si citano il ponte, la rocca e l’alpe di Otro, accompagnati però da una frase sibillina: “Et omnia praedia …in predicta valle” traducibile con: “E tutti i possedimenti fondiari nella valle di cui abbiamo appena parlato” facendo intuire che ce ne fossero molti altri. Corrado il Salico, poi imperatore, toglie molti beni ai conti di Pombia e li dona al vescovo di Novara Pietro III, ma quali fossero esattamente questi beni non lo sappiamo.
L’importanza di questo documento sta nel fatto che non si tratta di un atto privato (testamento o vendita), ma di un decreto di un re mai venuto in Valsesia, che però sposta feudi, persone, proprietà in modo diretto e con autorità indiscutibile.
La pergamena, che sarà esposta a Palazzo dei Musei nei mesi di giugno e luglio, unisce Varallo con Alagna che stanno lavorando insieme: è intervenuto nel dibattito il Consigliere Comunale delegato per Otro, Adolfo Enzio, in rappresentanza del Sindaco, Roberto Veggi, per rendere noto cosa si stia pensando di fare nell’ormai prossimo 2025: “Di questa pergamena si parla nel libro di Roberto Bellosta su Otro: Otro - In Olter. Abitare, lavorare, vivere in una comunità walser dell'alta Valsesia. E’ la prima volta che si nomina quell’alpeggio ed è la prima volta che Alta e Bassa valle si metteranno insieme per ricordare questo Millennio. A Otro si arriva solo a piedi: dapprima si è pensato ad un incontro delle Comunità valsesiane con i Walser intorno al Monte Rosa: Stefano Marchini del Gruppo Folkloristico, darebbe la sua collaborazione dopo il prossimo e ventiduesimo Walsertreffen, che si terrà dal 18 al 20 luglio 2025 a Lech am Arlberg. Si è quindi pensato a domenica 6 settembre, come culmine di una serie di eventi estivi”.
Bonola ha ricordato che Enrico Rizzi, studioso di fama internazionale, ritenuto il più importante conoscitore del mondo alpino, ha assicurato la sua partecipazione alle iniziative che coinvolgeranno Alagna e Varallo: “Lo stesso mondo walser si capirà meglio quando si studierà e si comprenderà ciò che esisteva prima”.
Lo studio complessivo del documento millenario sarà pubblicato dallo stesso Bonola in un saggio della rivista de valle Sicida, previsto per la primavera 2025.
Il Ponte de Varade, come ha ricordato Silvio Brentazzoli, da anni è studiato dal decano degli storici valsesiani, Casimiro Debiaggi, che nei prossimi mesi pubblicherà un volume dedicato proprio a Varallo tra Medioevo e Rinascimento: un’indagine severa, rigorosa, attenta, paziente, documentata, sul ruolo fondamentale dal punto di vista geografico, economico, urbanistico, difensivo ed anche culturale e sulle caratteristiche architettoniche del più antico, probabilmente romano, ponte di Varallo, donato nel 1025 da Corrado il Salico al Vescovo Pietro III di Novara. Debiaggi ricostruisce le complesse vicende riguardo alla residenza signorile della più nota ed importante famiglia varallese, anzi valsesiana, tra il Trecento e il Cinquecento: gli Scarognini, invitando alla scoperta della misteriosa rupe, naturale e basilare punto di controllo per il transito sul torrente: dimenticata ed ignorata fino ad oggi dagli stessi Varallesi. Questo scavo nel tempo, questa rivisitazione, saranno il modo più degno, più valido e concreto per celebrare nel prossimo 2025, il primo millennio d’ingresso ufficiale dell’antica Varade nella storia.
Brentazzoli ha sottolineato come queste prime idee siano delle basi da ampliare con il contributo di tutti, elencando gli aspetti principali che caratterizzeranno il programma degli eventi del Millennio: riflettere sulla propria identità e sulle proprie origini, prevedendo l’inclusione delle persone fragili e con disabilità; conoscere il patrimonio storico artistico della valle; diffondere la conoscenza della storia locale nelle scuole e tra i giovani; attraverso un’adeguata offerta turistica offrire nuove opportunità di lavoro ai giovani. Gli eventi si declineranno lungo tutto il 2025 e per realizzarli sono già stati richiesti finanziamenti e patrocini: ora si pensa di organizzare un concorso per individuare un “logo” del Millennio. Saranno organizzate mostre di opere d’arte legate al Medioevo valsesiano, incontri pubblici, convegni, mostre. E’ prevista una mappatura del patrimonio artistico minore di Varallo e delle sue frazioni, per focalizzare l’attenzione sui beni a rischio di deterioramento e di scomparsa. Ci saranno spazi dedicati all’intrattenimento e allo sport. La gastronomia avrà un ruolo centrale in cui saranno coinvolti tutti i ristoratori valsesiani. Le scuole, già dall’inizio dell’anno scolastico stanno lavorando su questo progetto e, nelle ultime settimane, per tutte le classi dell’Istituto Comprensivo, dalla materna alle elementari alle medie, sono stati organizzati in Biblioteca incontri classe per classe, illustrando i contenuti del diploma e le conseguenze sul territorio. Sono state inventate delle favole per i più piccoli, inserendo gli elementi storici in un contesto verosimile. La prima mostra, realizzata con i lavori delle scuole, è stata allestita ed esposta in Biblioteca. Nelle Scuole Superiori si approfondirà l’aspetto dei manufatti: ponte e castello, ricostruendo in maniera virtuale l’aspetto degli stessi nel Medioevo.
Nella seconda parte della serata gli architetti Silvia Banfo e Luca Francisco hanno presentato le prime idee nate dai sopralluoghi e dagli studi preliminari sul percorso che porta al castello di Rocca, che dovrà essere messo in sicurezza per renderlo visitabile a ragazzi, disabili ed adulti, valorizzando l’area attraverso il posizionamento di una adeguata cartellonistica, per trasmettere alle nuove generazioni un’adeguata prospettiva storica: “Raccontare, valorizzare, e mantenere, prevedendo una manutenzione ordinaria del sentiero e dell’area sommitale”.
Gli ampi ruderi della Rocca, oggi nota come Castello di Santo Stefano o dei Barbavara, furono oggetto di un unico scavo archeologico del sito, alla fine del XIX secolo, ad opera di Costantino Durio e di Don Pietro Calderini. L’Amministrazione Comunale intende ora riportare alla fruibilità in sicurezza l’intera area del Castello di Roccapietra, un luogo molto panoramico che potrebbe anche avere una forte valenza turistica.
La conclusione dell’incontro può essere riassunta nel proseguire e incrementare il lavoro di squadra per realizzare al meglio questo evento dalle “mille” sfaccettature.
Piera Mazzone