Celestino era una persona che ho sempre conosciuto con il sorriso, non quello stereotipato, di convenienza, ma il sorriso che nasce dal cuore e brilla negli occhi, che si traduce in un saluto cordiale, in una stretta di mano.
Celestino era generoso: se c’era bisogno non si tirava mai indietro, era un nonno splendido, orgoglioso dei suoi nipotini: Gabriele e le due gemelline, Cecilia e Sofia, che lo hanno voluto accompagnare in questo ultimo viaggio con due disegni che raffigurano dei grandi cuori pieni d’amore.
Amava la moto perché, come ha ricordato Don Roberto, si sfreccia, ma ci si può fermare e cogliere aspetti inconsueti del quotidiano. La moto chiede che il guidatore si armonizzi, l’assecondi docilmente e Celestino sapeva farlo. Amava il ballo, perché era un’occasione di gioia, in cui l’amicizia è una componente fondamentale, e anche nel ballo bisogna saper seguire l’altro, danzare insieme sulle note della musica.
Conobbi Celestino nel 2011, in un’occasione molto triste: la mia mamma era ricoverata all’ospedale di Gattinara negli ultimi quarantatré giorni della sua vita, Celestino era anche lui lì per un periodo di rieducazione ad un arto: ogni mattina
lo incontravo e lui mi faceva coraggio. La sera, quando dovevo tornare a casa, mi rassicurava: dormiva poco e avrebbe dato lui un’occhiata alla mamma, quindi potevo riposare tranquilla. Era una presenza affettuosa.
Lavorando in biblioteca lo incontravo pressoché quotidianamente e volentieri si fermava a parlare, interessandosi alle varie iniziative: ancora una volta sapeva essere empatico. Caro Celestino la Tua morte inattesa, repentina, è davvero difficile da accettare, certamente hai lasciato un buon ricordo, ma sono certa che lassù Ti sarai subito reso utile, grazie di tutto.