Il Centro Studi di Grignasco, in collaborazione con il Comitato Carnevale, tra le numerose iniziative in programma, propone serate a tema in cui si parla in dialetto. Questo articolo avrebbe dovuto coerentemente essere scritto nella lingua locale, ma non sono in grado, quindi cercherò di far cogliere lo spirito della bella serata utilizzando la lingua italiana. “Meglio parlare dialetto che fare corsi”: è stata l’opinione espressa da Paolo Zanolini, uno degli organizzatori della serata, intendendo privilegiare l’aspetto comunicativo forte dell’esprimersi nella “lingua del cuore”, quella appresa nell’infanzia, rispetto alla teoria linguistica, perché, almeno per la sua generazione, l’italiano veniva insegnato a scuola.
Il primo incontro si era svolto nella Truna dal Giuan giovedì 12 dicembre, con ospite Davide Carlone, viticultore della frazione Torchio di Grignasco.
Giovedì 23 gennaio è intervenuto Aldo Lanfranchini, nato a Rastiglione e vissuto a Borgosesia, ma grignaschese di adozione, amante della storia sabauda, autore di volumi dedicati alla storia della Valsesia nati da ricerche, interviste e collaborazioni, di cui l’ultimo in ordine di tempo è: “Insabbiati” valsesiani in Africa Orientale Italiana, frutto delle ricerche sulla presenza di uomini e donne nati in terra africana durante il periodo coloniale italiano in Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia. Al tempo del Covid, in collaborazione con il poeta dialettale Franco Franchi, scrisse un libro tutto
grignaschese: “Ainô, quan cà sunava al cornu”. Un secolo di luoghi, persone, racconti, che ripercorre la vita del paese dalla fine dell’Ottocento agli ultimi anni del Novecento.
Nella sua conversazione Aldo ha tracciato una breve storia della Valsesia, ricordandone la colonizzazione ad opera dei Liguri, cui fecero seguito Celti e Longobardi, accennando alla “Milizia” dei Valsesiani, al “vessillo” della Valsesia, l’aquila su campo verde chiaro, all’amministrazione della giustizia, che veniva fatta prima a Varallo e a Valduggia, sede delle due “Corti", poi a Borgosesia, Varallo e Scopa. Il governo era affidato al Capitano del popolo, che restava in carica tre anni e non era rieleggibile. La parte storica si è conclusa con la vicenda dell’atterramento dei castelli valsesiani, seguita dalla promessa solenne di mai più ricostruirli. Parlando del dialetto valsesiano Lanfranchini ha citato il Dizionario del dialetto valsesiano di Federico Tonetti, storico valsesiano dell’Ottocento, che viene ancora oggi ristampato: “La lingua dal “Crueus”, ha mutuato parole dai Longobardi: ciarfùla, givèra, canapia, budriga, dallo spagnolo: masnà, luc, buricc, ratt, oltre che dal francese: pari bel, mari bella, fambros, oeuf, becc, sucru, giambon”. Il dialetto in poesia fu utilizzato da Pinet Turlo, Franco Fizzotti, Franco Franchi per Grignasco, Pataccia, Varchiggiu per la Valsesia. Continua la tradizione Marco Tosi, Brenno, che era presente alla serata.
Nella seconda parte dell’incontro sono stati ricordati alcuni personaggi storici valsesiani, entrati nel “mito”: Alberto Giordano di Fobello, il Giacomaccio di Boccioleto, passando poi ad altri più vicini nel tempo: il maggiore bersagliere Gaetano Del Grosso di Valmaggia, al quale era stata conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare per le sue azioni di repressione del brigantaggio in diverse zone d’Italia, per l’impegno durante la Guerra di Crimea, nella seconda guerra d’Indipendenza e in occasione della Breccia di Porta Pia. Giovanni Tamiotti di Rossa, classe 1831, il volontario italiano più anziano nella Grande Guerra. In questa rassegna non poteva mancare Carlo Rizzetti, fobellese, di modesta origine, rimasto orfano di entrambi i genitori ancora bambino, che, con l'aiuto di uno zio, nella prima giovinezza si dedicò all’attività commerciale. Fu Presidente della provincia di Novara per circa tre decenni, deputato per sei legislature, nominato senatore a vita al termine del sesto mandato parlamentare, assessore al comune di Fobello, consigliere della Cassa di Risparmio di Torino, membro e presidente della Camera di Commercio di Torino, vicepresidente del Consiglio superiore dell'industria e del commercio, socio ordinario dell'Accademia d'agricoltura di Torino, socio del Club alpino italiano. In Valsesia viene ricordato anche per aver importato dal lago di Garda, nel 1895, come propaganda elettorale, 15.000 uova di trota Fario, chiamate ironicamente: “trote Rizzetti”.
Lanfranchini ha parlato dei “Tre dell’Ave Maria”, alagnesi legati tra loro da un sentimento vero e duraturo, amici che ogni volta si ritrovavano in paese per un breve periodo durante l’inverno “diventavano una valanga che tutto travolgeva e coinvolgeva”: due Alpini doc, Giacomo Chiara e Giovanni Gualdi, e l’aviatore Alberto Giacomino.
A Giacomo Chiara, storica guida valsesiana, Aldo, con la nipote Marzia Fuselli, ha dedicato un libro: «Jocu. La vita e la morte di Giacomo Chiara», che ne ripercorre l’avventurosa ma breve esistenza: le imprese alpinistiche e militari, l’affidabilità che lo portò a essere la guida di fiducia della principessa Maria Josè, abile alpinista e sportiva. Giacomo scomparve il 25 marzo 1945, a soli 29 anni, in circostanze misteriose sul ghiacciaio del Grenz, mentre con Alfredo Perino si stava recando in territorio elvetico nello svolgimento del suo compito di staffetta tra il nostro paese e i fuorusciti che operavano nella vicina confederazione.
Giovanni Gualdi (Alagna, 26 maggio 1904 – Valtournenche, 24 giugno 1981) prese parte alla Campagna di Russia per la quale fu insignito della Medaglia d’Argento al V.M. Ma di lui si ricorda soprattutto la partecipazione alla spedizione del 1928, diretta dal capitano Sora (detto Muscoletti) al Polo Nord per recuperare i superstiti della spedizione Nobile. Di ritorno dal Polo, Gualdi sbarcò dalla nave “Città di Milano” al porto di La Spezia il 20 ottobre 1928 e rientrò in valle, dove fu accolto dall’allora podestà di Varallo Sesia, Vittorio De Marchi: “Gualdi aveva portato dal Polo la pelle di un orso bianco ucciso tra i ghiacci, che venne esposta nella vetrina di un negozio a Varallo, suscitando grande curiosità”.
Il trio era completato da Alberto Giacomino (4 settembre 1903 – Rimini, 19 novembre 1987), uno dei migliori piloti della sua generazione. Partecipò con Balbo e De Pinedo, nel 1929, alla crociera con i famosi S-55 “Santa Maria” che sorvolò Atene, Costantinopoli, Varna, Odessa, Costanza e Taranto. Fu collaudatore degli idrovolanti e si specializzò nel lancio da nave con catapulta; fu tra l’altro l’unico ad effettuare un lancio notturno con tale tecnica. Per i fatti d’arme che lo videro partecipe nella seconda guerra mondiale, gli vennero conferite una Croce di Guerra sul campo, un encomio personale, tre croci di guerra e la Medaglia d’Oro di lunga navigazione aerea. Collaborò con gli Alleati partecipando a missioni speciali dell’VIII Armata Inglese ed operando con il Servizio Segreto Americano, che gli attribuì diverse attestazioni per i servizi resi.
Tra i personaggi borgosesiani è stato citato l’abate Salvatore Lirelli, nato ad Agnona nel 1751 geografo, incisore cartografo di Napoleone e astronomo, del quale Aldo da bambino, ricordava di aver visto alcune carte in una casa di Agnona, mai più ritrovate: “E’ importante conservare documenti, libri, perché servono a ricostruire la storia del nostro territorio”.
Aldo Lanfranchini ha concluso ricordando le vicende legate al grande quadro dipinto dal pittore Francesco Rayneri di Rossa, pittore ottocentesco del quale si sapeva davvero poco, ritrovato dai fratelli Paolo e Pinuccio Sitzia, nella cantina della signora Clementina Ferrari, vedova di Alberto Gaudino di Grignasco, oggi conservato nelle collezioni della Galleria Sabauda di Torino. Dopo aver dedicato un pensiero riconoscente al suo Maestro e mentore: l’avvocato Enzo Barbano, recentemente scomparso, Aldo ha ricordato che, con Marinella Mora, sta raccogliendo interviste a vari personaggi valsesiani, che raccontano la loro vita, preziose testimonianze di tempi ormai molto cambiati.
Tra gli interventi seguiti all’interessante e variegata conversazione c’è stato quello di Dante Vignoli, che conobbe e fu amico di Franco Fizzotti: “Franco, che andò in Germania a lavorare alla Todt, mi raccontava di aver imparato a falsificare le tessere che permettevano l’acquisto di generi alimentari”. Dino Damiani ha ricordato che quando era giovane dava spesso un passaggio a Franco per salire a Varallo dal Maestro Lino Tosi.
La serata si è conclusa con un bicchiere di vino e alcuni dolci, offerti dal Comitato Carnevale.
Giovedì 20 febbraio, nel cuore del Carnevale, ci sarà una serata in dialetto dedicata a Franco Fizzotti, alla quale sono state invitate tutte le “sue” Marianne.
Piera Mazzone
Presidente della Rassegna Biennale di poesia dialettale valsesiana Pinet Turlo