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EVENTI | 26 marzo 2025, 16:18

Romagnano, MEV: Rotary Valsesia per l'ultimo incontro, "Fine vita e morte"

Romagnano, MEV: Rotary Valsesia per l'ultimo incontro, "Fine vita e morte"

Romagnano, MEV: Rotary Valsesia per l'ultimo incontro, "Fine vita e morte"

Xanax Comedy e Rotary Club Valsesia hanno organizzato tre incontri pubblici tra il comico e l’educazione alla salute su temi “difficili”: per raccontare “L’indicibile”. I due precedenti incontri, tenutisi a Coggiola-Portula e a Borgosesia, dedicati alla depressione e alla vecchiaia, avevano registrato una ottima presenza di pubblico, che aveva manifestato grande apprezzamento per i temi trattati e le modalità utilizzate. La qualità dell’evento ogni volta è stata misurata anche con un questionario di gradimento. Gli incontri, a ingresso libero, sono stati promossi dal Rotary Club Valsesia e da Casa Sant’Anna e godono del patrocinio dell’ASL di Vercelli e della collaborazione scientifica dell’Università degli studi di Torino, rappresentata dalla presenza del Prof. Alberto Borraccino.

Sabato 22 marzo, a Romagnano, ospitato presso le sale del Museo Storico Etnografico della Bassa Valsesia, si è concluso questo primo ciclo, trattando il tema forse più arduo: “Fine vita e morte”, il relatore, Dottor Carlo Olivieri, è alla guida della struttura complessa di Anestesia e Rianimazione presso l’Ospedale di Vercelli.

Dopo il saluto del Sindaco, Alessandro Carini, che ha ringraziato il Rotary Valsesia per aver riportato al centro del dibattito culturale temi importanti che toccano tutti, proponendo riflessioni serie, trattate in modo “leggero” ma corretto, affrontando con delicatezza e semplicità temi importanti e del Presidente del Museo, Alessandro Costanzo, che ha preannunciato le prossime iniziative legate ad Alessandro Antonelli, il Dottor Andrea Guala ha presentato Laura Sciolla, Presidente dell’Associazione di volontariato: “Elisa’s network of love”, fondata dai familiari e amici di Elisa Van Eynde, giovane psicologa e attrice scomparsa a ventinove anni nel dicembre 2022, con l’obiettivo di: “Portare gioia, bellezza e speranza  nel mondo, continuando i sogni e progetti di Elisa”. Tre temi tabù, sono stati affrontati con monologhi stand-up, in cui il filtro del comico aiuta ad abbattere il muro, seguiti da interventi di esperti. L’attore che propone il monologo stand-up riesce a far ridere col solo supporto di un microfono e del proprio vissuto, che viene trasformato in materia narrativa per trasmetterne l’autenticità. Giulia Cerruti, attrice e insegnante di recitazione torinese, sdrammatizzando il peso degli argomenti in gioco, ha subito interagito con il pubblico presente invitando ad una iniziale risata collettiva liberatoria. “Il monologo sulla morte è il primo che ho scritto nella mia vita…ho scoperto che si muore a ventisette anni al funerale di un parente”: poche battute fulminanti hanno avviato un monologo serrato e disarmante per la sua sincerità, a volte anche brutale: “I funerali sono delle belle funzioni, tengono unite le famiglie, permettono di fare nuovi incontri… I morti non si fanno mai vivi… La morte è come un rastrello con le punte in avanti, collocato in un deposito di attrezzi completamente buio: sapevi che c’era ma non sapevi che avrebbe colpito proprio te”. Giulia è riuscita anche a ridicolizzare quella paura irrazionale di “essere contagiati” dalla morte, che spesso coglie le persone, inducendole a fuggire di fronte a persone in lutto.

Come la medicina oggi può combattere la morte?”: domanda diretta cui il Dottor Carlo Olivieri ha offerto tre risposte: attraverso la prevenzione, perché come ha scritto il Professor Silvio Garattini, oncologo, farmacologo e ricercatore italiano, presidente e fondatore dell'Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri", oggi novantaseienne: «I farmaci sono importanti, ma è più importante la prevenzione che permette di evitarli. La prevenzione è una forma di sano egoismo. Con vantaggi per tutti. Anche dell'efficienza del Servizio sanitario nazionale, che potrebbe occuparsi di quelle malattie che non sono evitabili”. A questi concetti Olivieri ha aggiunto altre cose importanti per cercare di evitare la morte: “Lavori pericolosi svolti senza precauzioni adeguate, andare in moto senza casco, non mettere le cinture, bere alcolici e poi guidare, andare veloci in auto…”.

Il secondo fattore è la cura: “La medicina può curare, ci sono medici specialisti per il cuore, internisti, ortopedici, neurochirurghi, pneumologi, infettivologi, che curano con l’obiettivo di riportare alla situazione precedente. La cura, è importante, spesso è efficace, però ha bisogno di tutte le competenze di strutture complesse e quindi dobbiamo proteggere il Sistema Sanitario che ci garantisce la cura, patrimonio e beneficio di tutti”.

Da ultimo esiste qualcosa di ancora più complesso: il prendersi cura, quando certe situazioni patologiche degenerano e non è più possibile tornare alla situazione di prima: “Vivendo in una realtà ospedaliera ho spesso di fronte pazienti che si approcciano alla morte con modi e tempi diversi, da giorni a settimane a mesi. Si parla di Fine vita di fronte ad aspettative di vita ridotte, quando è probabile che la persona muoia entro i dodici mesi”. La medicina si accorge che non ha a che fare con la malattia ma con una persona malata, si scopre una dimensione che va oltre quello che capita al fisico. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce la salute come: "Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale". Prendersi cura significa prendere in considerazione tutti gli aspetti della persona, vuol dire far sì che quella terribile esperienza sia tollerabile e dignitosa, e sostenibile anche per coloro che la condividono con la persona che la vive: in questo modo si sconfigge la morte: “Il periodo prima della morte è vita”, e, come scrisse Marcello Marchesi: “E’ importante che la morte mi colga vivo”.

Dopo queste premesse volutamente sintetiche il Dottor Olivieri ha lasciato spazio alle domande, ricordando che il fine vita riguarda molti aspetti significativi che hanno a che fare con l’assistenza, la cura, il mantenere o astenersi dai trattamenti: “Si parla di cure palliative e cure simultanee: le persone vengono aiutate a non soffrire, a non essere in ansia, a ricevere altre cure per il loro problema di salute”.

Un’altra ampia tematica che si apre sul fine vita è la mortalità assistita: negli ultimi anni si sono registrati cambiamenti significativi. La morte assistita è un tema che riguarda l'eutanasia e il suicidio medicalmente assistito. In Italia l'eutanasia è illegale, ma è possibile richiedere il suicidio medicalmente assistito, la procedura in base alla quale un terzo, in alcuni casi un medico, prescrive o fornisce a una persona un farmaco in grado di provocarne la morte, farmaco che il soggetto assume in maniera autonoma

Il Dottor Borraccino ha raccolto e sintetizzato le domande del pubblico che considera il medico: “Un professionista coraggioso che contratta con la sofferenza, affronta la morte, la condivide, sconfiggendola nella sua valenza, accogliendola come responsabilità” e ha sottolineato come sia la sofferenza che rende la morte terrificante, chiedendo che sia restituita umanità all’esperienza della morte che colpisce le persone che sono al fianco con la stessa violenza.

Olivieri ha risposto premettendo che: “La morte è ineluttabile, ma noi medici cerchiamo di evitare che la morte si intrometta in un progetto di vita, cerchiamo anche di evitare di chiudere la fase del fine vita in maniera pesante, greve anche per chi sta accanto. La sofferenza non è solo quella fisica, ma anche quella che nasce da emozioni che non si riescono a gestire, da problemi esistenziali, dal vivere situazioni insopportabili, è qualcosa che va al di là dei tecnicismi della medicina, è riferita all’umanità della persona. Nei percorsi di fine vita il medico deve interpretare quello che sta accadendo: è la persona malata che ci guida, ma se la persona malata è incosciente, il nostro compito si complica, il percorso va scoperto, interpretato attraverso quello che la persona ha condiviso con i propri familiari”.

In Italia però c’è stata una sentenza della Corte Costituzionale, la n. 242 del 2019, che ha stabilito che in alcune circostanze non è costituzionale punire chi aiuta un altro a suicidarsi, come nel caso di una patologia irreversibile, cronica, che genera sofferenza fisica o psichica, tale per cui la persona non sia più in grado di autodeterminarsi e abbia necessità di supporto. La Regione Toscana, in assenza di una legge nazionale, ha già approvato una proposta di legge per regolamentare il suicidio assistito, o morte assistita.

Olivieri ha concluso dicendo: “Non dobbiamo lavorare per mantenere in vita a tutti i costi, ma per rendere la vita degli ultimi momenti la migliore possibile. Il Servizio Sanitario Nazionale riesce a farsi carico della complessità che ruota intorno alla morte, accompagnando anche la famiglia della persona ammalata”.

Il dilemma se tenere a casa la persona o portarla all’hospice, dove questo esiste, è sempre arduo: non c’è un posto giusto, è la volontà della persona che vive quell’esperienza di malattia che ha diritto di scegliere la soluzione che ritiene per sé più dignitosa: “Quel luogo è quello in cui la mia famiglia avrebbe vissuto meglio la mia partenza”. Bisogna fare in modo che le persone che muoiono possano scegliere.

La sospensione delle cure oggi in Italia è legale: legge 219 del 2017, la legge delle DAT, disposizioni anticipate di trattamento, prevede il consenso informato: “Le DAT, che possono essere depositate in Comune o presso un notaio, offrono la possibilità di nominare un fiduciario che interpreti correttamente la nostra volontà”.

L'articolo 32 della Costituzione italiana tutela il diritto alla salute come un diritto fondamentale dell'individuo e un interesse della collettività e prevede che nessuno possa essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario: “La persona ha diritto a decidere cosa per sé sia tollerabile”.

Attraverso questo percorso è stata acquisita consapevolezza e infusa forza d’animo per affrontare le traversìe della vita: “La malattia esiste, ma ci sono le cure, poi ciascuno dovrà affrontare l’ultima burrasca, impossibile da aggirare, per scoprire cosa ci sia al di là: un porto sicuro o il mare infinito, ma ci dà comunque conforto l’aver vissuto in modo attivo e dignitoso”.

Piera Mazzone

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